Il senso intuito di Francisco Garden Le rivelazioni avvengono nelle forme che non ci aspettiamo, e per questo, sono messaggi che ci sorprendono, spesso, soprattutto quando sono intense, soprattutto quando colgono l'essenza di quello che vorremmo lasciarci dire. Proprio così: l'arte non solo ci parla, ma è una questione di attesa. Anche noi attendiamo ci parli. Cerchiamo di avere risposte, quelle che noi da soli non possiamo darci, né possiamo dirci: che senso ha la vita, l'esistere, l'essere. Quando abbiamo capito che non possiamo stare senza risposte, allora il nostro compito diventa andare a cercarle nel modo e nel luogo più giusto. Potete compiere la vostra ricerca attingendo alle fonti del bello: potete trovare nell'intuizione una forma giusta per riconoscere quella verità che aspettavate. A noi spetta ascoltare: una volta individuata la sorgente del discorso sul senso, bisogna interpretare il segno. Farci strada nel significato e captare tutto il rintracciabile. Quasi sempre il senso ha una forma: quasi sempre il senso risiede in una forma. Quella dell'arte. Per Francisco Garden dare forma è questione primaria: ciò che è plasmato, formato, concluso, modellato è il tramite in cui possiamo tradurre questa opera di rinvenimento. Sono forme snelle, sono volumi sinuosi, sono figure raffinate. Lo slancio verso l'alto, l'appartenenza ed insieme l'essere in tensione verso altro: questo fa delle sculture di Francisco delle creature terrigene e superne, sospese tra due dimensioni, portati simbolici tra due mondi, metafore compiute o ancora da compiersi, ponti di significato. La scultura per Francisco non può che essere un disvelare e recare messaggi: per lo più arcani, indecifrabili o indecifrati; e per lo più intrisi di una spiritualità plurivalente, che abbraccia la moltitudine delle forme della religiosità, da quella cristiana a quella pagana, colmando tutto l'ampio spettro del mistero del divino. Ufficialità di fede sfuggita o ritrovata: ciò che importa è l'autenticità, tuttavia. Le cifre della forma sono abitate dal senso ed il senso è insieme il portato a cui si tende senza potere giungervi: questa è spirititualità, questo mistero inscritto nella materia, quella che Francisco accomoda e rende somigliante ad una rappresentazione olistica del cosmo. Le sculture: possiamo leggerle, al pari di un libro, e riconoscere nei volti altri volti, nei corpi altri corpi. Questa è la legge dei simboli, la sintassi della figura. La dea, o Grande Madre, al centro, a nutrimento anche concettuale delle successive sculture che le si annodano intorno: disposte come fossero i rami (o le radici, piuttosto?) di un albero, quello di Matusalemme. La cui età stentiamo a ricordare, le cui ere riepilogano la memoria simbolico-antropologica della nostra Terra. E proprio la Terra, insieme agli altri elementi acqua, fuoco, aria, sviluppa intorno alle sculture la danza della vita. Vita, morte, nascita. Amore. Il concerto mai attenuato di un ciclo eternamente ripetuto. Cadenzato nei secoli. Ma la tensione, ma il movimento, ma il divenire che scorre sulle sculture di Francisco: la rivelazione non è mai interamente compiuta, la cifra non è mai del tutto chiara. Questa inquietudine rimanda all'elemento gotico, questa ricerca avviata eppure - tuttavia - irrisolta. Tutto scorre, e mentre scorre, la nostra risposta di senso continua a latitare. E si sente. In questo tormento, si raccoglie forse l'apice della bellezza delle opere di Francisco. In silenzio, ascoltiamo e guardiamo questa dichiarazione di una rivelazione che tarda ad arrivare. Ma che si realizza, tuttavia, nell'intuizione della dimensione spirituale. Nella forma che è già, da sola, "senso".
Margherita Lollini
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